Il “socialismo” è tornato. Per decenni questa parola è stata fonte di imbarazzo, facendo riferimento a un deprecabile fallimento, come fosse la reliquia di un’era passata. Oggi non è più così!
Politici come Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez si definiscono socialisti con fierezza e guadagnano consensi, mentre organizzazioni come i Democratic Socialists of America accolgono frotte di nuovi membri. Ma che cosa intendono esattamente per “socialismo”?
Seppur benvenuto, l’entusiasmo per la parola non si traduce automaticamente in serie riflessioni sul suo senso. Che cosa significa o dovrebbe significare “socialismo” ai giorni nostri?
Qui proporrò alcune idee preliminari orientate alla ricerca di una risposta. Partendo da un concetto più ampio di capitalismo, suggerirò che abbiamo bisogno di una concezione ampliata di socialismo, che superi gli stretti economismi propri della sua classica accezione. Rivelando le contraddizioni dell’economia capitalista e le relazioni dannose con i suoi presupposti “non-economici”, intendo affermare che il socialismo deve fare di più che trasformare la dimensione della produzione. Oltre che di quest’obiettivo, che sostengo dal profondo del cuore, deve anche occuparsi di trasformare la relazione tra la produzione e il suo retroterra di condizioni di possibilità, cioè la riproduzione sociale, il potere dello Stato, la natura non umana e le forme di ricchezza che si trovano fuori dei circuiti ufficiali del capitale, ma comunque alla sua portata. In altre parole, come spiegherò, un socialismo per il nostro tempo deve superare non solo lo sfruttamento del capitale sul lavoro salariato, ma anche il suo approfittarsi del lavoro di cura non stipendiato, dei beni pubblici e della ricchezza espropriata a soggetti razzializzati e alla natura non-umana.
Nancy Fraser
Teorica critica, filosofa femminista americana, è professoressa di Filosofia e Politica alla New School for Social Research di New York. Lavora sulla teoria sociale e politica, sulla teoria femminista e sul pensiero contemporaneo francese e tedesco. Ha insegnato presso moltissime università del mondo e tiene costantemente conferenze in vari Paesi d’Europa e d’America. Nota in tutto il globo per la sua accesa critica contro le politiche identitarie e per il lavoro filosofico sul concetto di giustizia, tra i suoi ultimi libri pubblicati in Italia menzioniamo: Fortune del femminismo. Dal capitalismo regolato dallo stato alla crisi neoliberalista (2014), La fine della cura. Le contraddizioni sociali del capitalismo contemporaneo (2017) e Femminismo per il 99%. Un manifesto (2019, con Cinzia Arruzza e Tithi Bhattacharya).